Questo blog, perché?

Queste pagine le intendo come la parte "meno impegnata" rispetto al mio sito internet, http://www.monzamtb.altervista.org/
Impressioni, idee e immagini così come vengono, più che altro una specie di diario che mi serva per raccogliere questo materiale, per poterlo rileggere ogni tanto. Se ci capitate e lo ritenete interessante fatemelo sapere. Grazie!



domenica 19 dicembre 2010

-3,-2,-1...

…-3, -2, -1… no, non è ancora il conto alla rovescia per il capodanno 2011, è la temperatura rilevata in questi giorni, anche in pieno giorno… e noi non aspettiamo altro per uscire in mountain bike.
In realtà qualcosa ci mancava, la neve!
L'altra mattina l'appuntamento con il fido Marcello era all'Anymore di Lissone alle 8 e 30, destinazione (probabile) il Monte Canto. Ma dalle 6 di mattina la neve incomincia a scendere, teoricamente doveva essere una breve e leggera nevicata… e come al solito il traffico a Monza e circondario impazzisce. I tempi di percorrenza in macchina quadruplicano e tutto diventa più difficile. Avevo tentato di smontare Marcello con un sms alle 7 e 30 e lui, con il suo consueto ottimismo, aveva risposto che sul Canto ci sarebbe stato il sole…. Va beh. Ma raggiunto l'Anymore per le 9 e 10 (dopo 50 minuti di auto rispetto ai consueti 10) anche il mio socio cominciava ad essere titubante, quanto meno per la meta da raggiungere, ma assolutamente senza mettere in dubbio la nostra uscita in MTB.
Sistemate le bici partiamo pensando di imboccare l'autostrada A4, speranza scemata definitivamente dopo aver percorso circa un kilometro in un quarto d'ora. Breve consulto e telefonata a Marco per disdire definitivamente l'appuntamento a Capriate.
"Abbiamo qua vicino il Parco di Monza, entriamo lì, prendiamo le nostre bici e cominciamo a salire… Canonica, lungo il Lambro, Rancate….". Ok, l'itinerario a grandi linee è fatto. Parcheggiamo l'auto nel Parco, di fianco al bar Cavriga, ci vestiamo e in 10 minuti siamo in sella.





Ci addentriamo, non c'è anima viva e la neve cade abbondante. Subito rimaniamo rapiti dall'atmosfera magica che ci circonda e le nostre gambe incominciano a frullare veloci calpestando la coltre nevosa. Ci portiamo rapidamente verso Biassono, usciamo da un cancelletto e siamo sulla via di Canonica. Le basse temperature creano sull'asfalto lastre di ghiaccio molto insidiose anche per dei bikers navigati… infatti dopo pochi metri di asfalto "navigo" subito a stretto contatto con la strada procurandomi la consueta contusione/escoriazione all'anca sinistra. Ormai è un classico… mi consolo pensando che è meglio questa caduta rispetto alle 2 costole fratturate a febbraio sul San Genesio.
In breve raggiungiamo il presidio dei carabinieri vicino al ponte di Canonica e cominciamo la risalita della ciclo-pedonale per Agliate. Il terreno è sempre più bianco e man mano la nevicata è sempre più intensa.
"Tanto hanno detto che smette…" "Sì,Sì, vedo…" l'ironia si spreca. Al ponte di Albiate lasciamo la pista ciclabile e iniziamo a salire verso Rancate.
Sono strade percorse decine di volte, ma con la neve tutto diventa nuovo e più bello.
Ci inoltriamo finalmente nei boschi, incontriamo solamente qualcuno intento a tagliare e riordinare la legna degli alberi caduti.




Una volta sbucati nuovamente su un tratto asfaltato cominciamo a vedere gli effetti deleteri del ghiaccio e della neve (non solamente per me…!).
Un furgoncino ha tirato dritto lungo una discesa con curva a sinistra e si è fermato… contro il muro. Il conducente, illeso, sta telefonando al carro attrezzi.
Proseguiamo e ci divertiamo a provare la tenuta delle nostre gomme sulla neve. Fa molto freddo, io ho perso la sensibilità dei mignoli e Marcello quella dei piedi. L'unica possibilità di stare meglio è pedalare. Saliamo ancora, raggiungiamo e oltrepassiamo l'agriturismo Brusignone e la Cascina Cafè e iniziamo a cambiare direzione per ritornare sui nostri passi. Ormai sono quasi due ore che pedaliamo e per rientrare alla macchina ci vorrà almeno un'oretta. Attraversiamo estesi campi di mais innevati dove dobbiamo intuire il profilo del terreno per non impuntarci con la ruota anteriore. Unica guida sicura da considerare per mantenere la direzione giusta è una fila di pali della luce.
Il profilo del terreno bianco si mescola al cielo plumbeo senza soluzione di continuità e i suoni sono ovattati. Unico rumore deciso è lo stridio del mio freno posteriore. Ogni tanto al nostro sopraggiungere si alzano da terra piccoli passeriformi intirizziti. Scriccioli, pettirossi, passere scopaiole e merli cercano con difficoltà cibo sulla superficie ghiacciata.
Incrociamo nuovamente la strada asfaltata percorsa all'andata e la nostra attenzione è attirata da un triangolo rosso che segnala pericolo. Siamo vicini al famigerato luogo dell'incidente; le auto, come dei replicanti, sono aumentate!




Di fronte a noi un "sandwich" di quattro auto, vittime anch'esse del lastrone di ghiaccio traditore. Al nostro arrivo troviamo un capannello di persone che osserva l'agglomerato di quattroruote appoggiate l'una all'altra, senza fare niente. Una signora per la sorpresa di vederci comparire sulle nostre bici si sposta e, miseramente, piomba sulla strada sedendosi per terra, non molto delicatamente.
Un'altra poco più in là, manco avesse visto comparire la Madonna di Fatima, ci scongiura di aiutarla a montare le catene sulla sua y10. Si tratta di una ragazzona di stazza pachidermica, non lontana dal quintale di peso, che individuato Marcello, notoriamente buono e disponibile nell'aiutare le persone in difficoltà, lo supplica con una parlata dalla chiara inflessione meridionale (dalla cadenza direi della bassa Irpinia), di aiutarla perché ha le catene nuove ma non le sa montare. Marcello, ovviamente, non si tira indietro ed è quasi contento quando scopre che sono identiche a quelle della sua Twingo.





Dopo il montaggio, rigorosamente svolto a mani nude a qualche grado sotto lo zero, sta quasi per partire la telefonata al professor Lanzetta (che per la cronaca è anche un ottimo free rider – ndr) per un trapianto multiplo di mano….
Raccolti i sinceri ringraziamenti della giunonica avellinese salutiamo tutti e proseguiamo il nostro cammino (prima che ci chiedano di spostare a spinta le auto incidentate!).
Ora ci tocca finalmente qualche tratto in discesa. Provo allora ad azionare il meccanismo per abbassare il mio reggisella telescopico… niente da fare, tutto ghiacciato. Come si era verificato per il comando del deragliatore anteriore, che non mi ha permesso di cambiare corona della guarnitura per tutta l'escursione a causa del gelo, anche il mio Gravity Dropper è fuori uso. Affronto quindi mio malgrado le discese in xc-style. Intanto nevica sempre fitto e il freddo comincia a penetrare anche sotto la mitica giacca della Gore e io comincio a sognare la vasca da bagno bollente nella quale presto mi immergerò.
Stiamo quasi per raggiungere il Parco di Monza, porta di Biassono. Ci aspetta ancora il lungo viale, che con la neve sembra ancora più lungo. Sfruttando la traccia di un'auto riusciamo comunque a tenere una media di quasi 20 all'ora, che ci permette in circa quindici minuti di raggiungere finalmente l'auto.
Marcello, eroico, dice di poter proseguire pedalando fino alla sua macchina parcheggiata a Lissone… Intanto io apro la mia, dò uno sguardo al termometro e rimango un attimo in silenzio… "Marcello non mi sembra il caso, smonta tutto che ti accompagno io, siamo a quattro gradi sotto zero, non vorrei averti sulla coscienza!"

lunedì 6 dicembre 2010

Una "Cantata" in compagnia!

Rientro in grande stile, dopo oltre quattro settimane di astinenza dalla MTB.
Domenica mattina partenza da Lissone con Marcello e Omar, destinazione il Monte Canto, nella bergamasca. Raccolto Marco a Capriate ci troviamo a Carvico al solito parcheggio con un nutrito gruppo di bikers assetati di fango guidato in grande stile da Vittorio, simpatico e disponibile capo gita.
L'itinerario odierno è ben stampato nella sua mente e tutti (o quasi) siamo consapevoli delle condizioni in cui troveremo i sentieri. Iniziamo a salire, ognuno con il proprio ritmo, su una sterrata già impegnativa di norma ma che oggi ci mette veramente a dura prova. Aldilà delle gambe più o meno allenate, tutti prima o poi sono costretti a scendere dalla bike, almeno nei punti in cui la coltre di fango supera i 20 cm di spessore. Ci scaldiamo subito ed io ringrazio più volte il "Signor Northwave" per avere inventato le splendide scarpe invernali rivestite di Goretex che oggi ho deciso di indossare. Gli altri "ringrazieranno" invece spesso il padre eterno per la neve e il fango che ha mandato da queste parti…





Ricompattato il gruppo siamo pronti per la prima discesa: ci sono bici e bikers di ogni tipo, ma in comune una gran voglia di divertirsi, a qualsiasi costo. Il sentiero è tecnico, con qualche passaggino mica male (tipo la mitica "Curva Francesco"), reso più difficoltoso dall'umidità e dal fango. Ognuno lo affronta dando il meglio di se stesso, c'è chi scende dalla bici nei punti più critici, chi riesce a stare in sella ma alla fine arriviamo tutti a "fondo corsa".
Vittorio ci guida ora nel trasferimento verso l'attacco della seconda salita della giornata, lungo un divertente e veloce tratto "mangia e bevi" dove i reggisella telescopici diventano parte integrante del divertimento.
Come capita di solito in queste situazioni, abbiamo ormai raggiunto quello stato di simbiosi con il fango che è diventato un tutt'uno con i nostri vestiti e le nostre MTB, quasi indistinguibili l'una dall'altra. A questo punto potremmo anche cadere in una pozza di fango profonda un metro che la cosa non ci farebbe né caldo né freddo.
Due chilometri di salita su asfalto e poi pieghiamo a destra nel tratto forse più faticoso. Un sentiero in leggera pendenza con tratti fangosi tali da fermare anche i più decisi e allenati. Presto si forma una colonna di bikers piegati a spingere le proprie bici, tipo girone dantesco. Vittorio, per darci una speranza continua a parlare di questi "ultimi cinquanta metri" prima della discesa finale che si rivelano in realtà un bel chilometro abbondante… ma la bravura di una guida è anche quella di mantenere viva la speranza nelle persone che accompagna.
Stiamo per iniziare la picchiata verso Carvico, e Omar decide di farla a cavallo di una "single speed", data la rottura del forcellino del cambio della sua Giant…
L'ultima discesa, più che essere in sella ad una bici mi sembra di farla su una tavola da snowboard o meglio "mud-board". Le ruote galleggiano sul fango e le curve vanno anticipate moltissimo per avere una minima possibilità di prendere la direzione giusta. Arriviamo al termine del sentiero, aspettiamo di esserci tutti e poi giù a manetta lungo la veloce sterrata che, ritrovato l'asfalto, ci condurrà alle macchine.
Ormai è quasi l'una quando il nevischio comincia a scendere. Ricoperti di fango che ormai ci si sta seccando addosso ci lanciamo in uno strip-tease collettivo, a 0° C, per la gioia degli abitanti delle case adiacenti, che tanto "sono abituati".
Dopo un mesetto di assenza dai sentieri non ci poteva essere modo migliore per ritornarci...

Grazie Vittorio, grazie ragazzi!  Questa è la vera MTB...

sabato 4 dicembre 2010

Back to the mud!!

E finalmente, domani:



                                       

venerdì 26 novembre 2010

domenica 21 novembre 2010

Elogio allo spinning

Piove, piove, piove… uscire in bici ed essere colti dalla pioggia può succedere, ma quando piove per giorni e giorni, partire sotto l’acqua non è il massimo. Guarda caso i miglioramenti, quando ci sono, riguardano i giorni durante la settimana mentre il week end… ci risiamo! E così, per la terza domenica consecutiva, niente MTB!!!
Un’ancora di salvezza fortunatamente c’è, quanto meno per mantenere l’allenamento e pedalare un po’, lo spinning.
Forse i puristi dell’ “uscita ad ogni costo”storceranno il naso, ma personalmente ritengo la pedalata indoor interessante e divertente, soprattutto se guidata da un istruttore valido. Penso che tutti o quasi i ciclisti, abbiano provato almeno una volta a pedalare su una spinbike. In palestra, in gruppi spesso anche di una ventina di persone, seguendo il ritmo di brani musicali scelti dall’istruttore, si eseguono esercizi di pedalata simulando un percorso che può comprendere tratti in pianura, salite, sterrate.
La bravura di chi tiene la lezione sta nel accattivarsi l’interesse degli spinners proponendo un programma (generalmente di circa 50 minuti) che abbia un suo filo logico ed un suo obbiettivo.
Si possono proporre allenamenti di tipo aerobico, intervallati, misti (aerobici/anaerobici) variando l’intensità del carico, influenzato dalla resistenza alla pedalata e dalla sua frequenza. Anche la scelta dei brani musicali ha una grande importanza. Personalmente amo la musica rock in senso lato e quindi vengo trascinato meglio da questo genere. Molto spesso, una volta concentrati sul brano, si arriva a sopperire alla fatica fisica con la forza mentale guidata dalla musica che ci sta accompagnando, entrando in una sorta di trance.
Con la musica adatta, le luci soffuse e la voce dell’istruttore che ci sprona nei momenti giusti, ci si può immedesimare a tal punto da sentirsi realmente in sella ad una MTB perseguendo l’obbiettivo immaginario di arrampicarsi lungo una ripida salita per poi scollinare, finalmente alla vista di fantastici panorami di montagna.
Certo, la sensazione non sarà esattamente la stessa ma, con un po’ di buona volontà e fantasia, anche l’aria della periferia di Lissone potrebbe confondersi per un attimo con quella delle Dolomiti… o per lo meno, lasciatemelo credere…

Con un po' di fantasia i 30 kg abbondanti di una spinbike ci potranno sembrare
i 10 di una full in carbonio.

lunedì 8 novembre 2010

Laviamo …e ricordiamo!

Il lavaggio della nostra mountain bike è senza dubbio un'operazione necessaria ma spesso poco gradevole, soprattutto se siamo costretti a praticarlo al termine di un’uscita già di per sé faticosa.
Al di là del fattore estetico, infatti, penso sia noto a tutti noi bikers quanto sia importante poter contare su una bicicletta pulita ed in piena efficienza, con particolare riferimento alla trasmissione.
Catena, pacco pignoni, guarnitura e le altre componenti necessitano infatti nella mountain bike di un’attenzione particolare, essendo soggetti a polvere, fango e sporco di ogni genere che, se non rimossi accuratamente, possono decretarne l’usura precoce. Non meno importanti sono le successive fasi di asciugatura e lubrificazione.
Poter contare su una bici pulita, al di là del piacere di pedalarla, ci permette anche di rilevare con facilità eventuali danni del telaio e delle altre componenti, cosa particolarmente importante se sono costruiti in carbonio, materiale come noto soggetto ad improvvise quanto pericolose rotture.
Detto ciò, vale la pena rassegnarsi a questa necessità e cercare di rendere il lavaggio e la pulizia della nostra mountain bike il meno fastidiosi possibile. Anzi, con qualche accorgimento e con una predisposizione mentale diversa possiamo trasformare questo momento in qualcosa di piacevole ed accattivante.
Innanzitutto, eviterei il classico lavaggio a fine uscita; sicuramente la stanchezza ci porterebbe a fare tutto di fretta e sommariamente, con scarsi risultati. Personalmente preferisco aspettare qualche giorno e ricavarmi il tempo necessario per fare le cose con calma e accuratezza. In questo modo non diventa più una scocciatura “che si deve fare” nel più breve tempo possibile, ma un momento complementare all’utilizzo, sicuramente più gratificante, della bicicletta durante l’uscita.
I ricordi della nostra ultima escursione si stanno ormai affievolendo con il passare dei giorni ma se osserviamo con attenzione, piccoli particolari, tracce a volte insignificanti possono farci tornare alla mente immagini e sensazioni vissute in sella alla nostra bike.





Ecco che i grumi argillosi ancorati ai tasselli delle gomme ci ricordano quel tratto veloce lungo il greto del fiume e la striscia di fango spruzzata lungo il reggisella ci fa rivivere il passaggio su sterrate ricche di pozzanghere. E quel sassolino incastrato fra gli ingranaggi del deragliatore? Sicuramente lo ha sollevato una ruota mentre ci arrampicavamo lungo un’erta pietrosa.
E’ come se ripetessimo tratto dopo tratto la nostra ultima uscita, richiamando alla mente le piacevoli sensazioni provate. Mentre spazzoliamo i pignoni e le corone della guarnitura altri particolari ci saltano agli occhi: gli steli d’erba, i frammenti di foglie incastrati fra gli ingranaggi, le spine dei ricci, ci parlano con chiarezza dei luoghi attraversati, ricordandone addirittura i colori, i suoni e i profumi.
Ecco, il lavoro è quasi finito, abbiamo asciugato la bici e stiamo per passare l’olio sulla catena. Abbiamo svolto al meglio il nostro “dovere” di provetti bikers, con qualcosa in più.
Adesso la nostra ultima uscita non ci sembra più così lontana, anzi, avremo la netta sensazione di essere appena smontati dalla nostra mountain bike…
Mi raccomando, la prossima volta che lavate la bici, non dimenticate di indossare il casco!





venerdì 29 ottobre 2010

Ritorno a Folgaria!



Ecco la mia camera "riservata" all'Hotel Stella d'Italia di Folgaria, la 110;
per la terza volta mi ospiterà, questa volta per il corso finale della SIMB. Istruttore d'eccezione sarà il grande Marco Bui, ex campione del mondo di cross-country.
Ormai la partenza è vicina...

domenica 24 ottobre 2010

Una volta ancora, il Monte Casale!






Per la terza volta ci sono tornato, finalmente  l'assenza completa della neve mi ha permesso di raggiungere la cima a 1600 m.
Partenza da Ponte Arche alle 8 e alle 10 mi trovavo all'interno del Rifugio Don Zio Pisoni, in cima al Monte Casale, dopo essermi arrampicato per 1300 metri di dislivello.
Un caffè fatto con la moka e via, in mezzo alla nebbia e sotto una fitta pioggerellina giù per i boschi e in 25 minuti di galoppata sui sentieri ero tornato alla base. Un' altra bella uscita da ricordare...

venerdì 22 ottobre 2010

Ma la vita è una brioche o una lavatrice?



 
                                                      
                                                                                        

Due oggetti comuni con significato simbolico contrapposto.

La lavatrice, elettrodomestico di indubbia utilità, spesso paradigma di una dura vita da massaia...
La brioche, alimento sfizioso, momento di svago...

La prima è fredda, metallica, razionale. 
E' vero, svolge una funzione importante ma che non dà spazio alla fantasia; è rigida nel suo operato, lavora seguendo dei programmi ben definiti, instancabile, monotona, senza distrazioni, fino a quando, inesorabilmente, si rompe. Anche la sua collocazione nello spazio è triste. Spesso in ambienti angusti, bui, come bagnetti di servizio, locali stretti adibiti a lavanderia, alcune addirittura subiscono le intemperie su piccoli balconi condominiali. Una vita sacrificata quindi, votata all'utilità pratica, ma sofferta e imprigionata senza sfoghi fra quattro pareti di latta.

La brioche è l'opposto, rappresenta la leggerezza della fantasia. Calda, fragrante e profumata, ricca di sfumature, mai uguale a se stessa...
Può essere di farina bianca, integrale, a forma di cornetto, quadrata, rotonda, piccola, grande, ripiena di marmellata, al cioccolato, con il miele, le mandorle, tiepida, dolce, salata. Rallegra la colazione a casa, ci consola al bar insieme al cappuccino e a merenda; la sera, piccola e salata, è un'ottimo aperitivo prima di cena. Certo anch'essa ha una funzione da svolgere, quella di nutrirci, ma lo fa svincolata da obblighi, da schemi, con gioia. Non è mai nascosta, è sempre in bella mostra, si diverte e sorride alla gente invitandola alla trasgressione alimentare e al piacere di una pausa.
Sì, anche la brioche a un certo punto termina la sua vita, ma almeno l'avrà vissuta con allegria, donando piacere alle persone che ha incontrato durante il suo cammino.

Sinceramente, spero tanto che la mia vita sia una brioche... 





domenica 17 ottobre 2010

Nulla possiamo contro il maltempo...



Ecco come si presentava questa mattina il parcheggio dell'Up & Down di Missaglia. Due auto (una è la mia) e pozze d'acqua... tristezza assoluta.
Il maltempo ha rovinato quella che doveva essere una giornata all'insegna della MTB attraverso le strade del Parco di Montevecchia e del Curone.
Ragazzi, sarà per un'altra volta!
Intanto ringrazio chi mi ha accompagnato i giorni scorsi a perlustrare il percorso, Lorenzo "lo Zio", Marco e Alessio della Pavan Free Bike. Almeno lì siamo riusciti a pedalare...



lunedì 11 ottobre 2010

Il Monte Puscio... finalmente!

E' da quando conosco Marcello che sento pronunciare questa parola misteriosa, Puscio... A dir la verità è un nome che mi ha sempre richiamato alla mente qualcosa di losco,  di attinente allo spaccio di stupefacenti...
Invece no, è ovvio, non può essere altro che qualcosa di relativo al mondo della MTB, quella vera.
Monte Puscio (Croce di Maiano), quota 1155 m s.l.m., splendido belvedere sull'alta Brianza e sui suoi laghi.
Ci siamo finalmente saliti domenica, Marcello (capo spedizione), Oscar grande meccanico di "casa" Bicimania e il sottoscritto, con la sua inseparabile Tomac Snyper.
Il Monte Puscio lo si può raggiungere in bici partendo da Albavilla, salendo verso "lo Zoccolo", il Buco del Piombo, "La Salute", l'Alpe del Vicerè e il rifugio Capanna Mara, tutti nomi che ai frequentatori del Triangolo Lariano suonano famigliari. Detto così sembra una sciocchezza ma sono quasi 800 metri di dislivello in salita, a tratti parecchio impegnativa.
E proprio questo è stato l'itinerario proposto da Marcello per l'uscita di oggi. Naturalmente tanto per scaldarci, in salita prima ed in discesa poi, il buon Cello aveva previsto anche una gita fino a Como... "poi prendiamo la funicolare, arriviamo a Brunate saliamo alla Baita Fabrizio e scendiamo poi ad Albese. Da lì torniamo ad Albavilla e su fino alla Capanna Mara e poi via, facciamo il Puscio..." Totale: altri 500 m di dislivello positivo, tanto per gradire.
Tutto come da programma, alle 8 e 15 siamo già a fare colazione al bar di fianco alla funicolare di Como, dopo aver lasciato le auto ad Albavilla.
Tutto fila liscio come l'olio, saliamo a Brunate "trasportati" e iniziamo a pedalare in salita su asfalto con un buon ritmo. Alle 9.45 siamo già alla baita Fabrizio per un "rinforzo" di colazione. L'abituale tranquillità del rifugio è perturbata da un'emergenza sanitaria: un cacciatore sta quasi tirando gli ultimi (in senso metaforico) per avere cenato a casa la sera precedente gustando ottimi funghi chiodini, che in realtà chiodini non erano... viene accompagnato al Pronto Soccorso da una pattuglia di Carabinieri che si trova casualmente in zona.
Si prosegue, dopo una micidiale rampa al 20% di pendenza, fino al bivio, dove iniziamo a scendere veloci verso valle, su sterrata relativamente tecnica, a tratti molto sassosa e divertente.
Finalmente arriviamo giù e senza sosta riprendiamo l'ascesa verso l'obbiettivo principale della giornata, il mitico Monte Puscio, mitico ormai quanto il Monte Olimpo.
Si sale per più di un'ora e poco dopo mezzogiorno siamo giusto giusto all'Alpe del Viceré dove entriamo al Rifugio Cacciatori. Ci facciamo apparecchiare fuori per uno spuntino. Oscar ed io ci accontentiamo di una fetta di torta, dato che abbiamo ancora un bel pezzo di salita, Marcello invece, as usual, si lascia andare a un piatto di affettati misti e a una splendida zuppa di cipolle, innaffiata da una fresca panachè!




     Sosta presso il Rifugio Cacciatori
                               
Mancano ancora parecchi tratti insidiosi di salita e la fatica ormai si fa sentire. Una volta raggiunta la capanna Mara ci facciamo largo fra i gitanti, numerosissimi, che affollano il piazzale davanti al rifugio e iniziamo il sentiero "mangia e bevi" che ci condurrà finalmente in cima al Puscio.
Iniziamo a intravedere il "crocione", ormai ci siamo. Marcello guida il gruppetto. Ecco davanti a noi un bellissimo panorama, il lago di Pusiano, il lago di Alserio e intorno montagne famigliari a noi bikers, come il Cornizzolo, il Monte Rai e altre cime minori.


  L'inizio della panoramica (e tecnica!) discesa dal M. Puscio


Dopo anni che ne sento parlare sto finalmente per affrontare la discesa dal monte Puscio verso Caslino. Discesa tecnica, non per tutti, soprattutto se dotati di mtb da cross country puro. Protezioni, telecamera, casco ben allacciato e via. Primo pezzo su un prato dove uno stretto sentiero si incunea ripido fra lunghi steli dorati. Fin qui tutto ok, basta stare indietro e lasciar andare la bici. Poi inizia il bosco e le cose cambiano, il sentiero è stretto, roccioso, con passaggi tutt'altro che semplici. Marcello e Oscar mi precedono, io li seguo a distanza, il tracciato mi mette abbastanza in difficoltà e porto la mia Snyper più volte al limite delle sue possibilità. Qualche passaggio ci obbliga a scendere dalla bici e anche i 1.300 metri di dislivello che abbiamo nelle gambe contribuiscono a rendere il tutto meno facile. Ci siamo, ancora un passaggio su un lastrone roccioso e arriviamo in fondo, il più è fatto. Raggiungo i miei compagni prima di affrontare l'ultimo tratto di mulattiera sassosa prima dell'asfalto, Marcello mi guarda e sorride: "Ecco Paul, questo è il Puscio..." "... E anche questo è fatto" rispondo ancora col fiatone "veramente tosto, non pensavo...".
Non sono ancora le tre del pomeriggio e siamo già sulle auto pronti per rientrare a casa.
Arrivederci all'anno prossimo Puscio, tra poco la neve coprirà i tuoi sentieri!

lunedì 27 settembre 2010

Un "Avventura" di percorso...

Oggi finalmente ho capito perché il percorso corto della Marathon Bike della Brianza viene chiamato "Percorso Avventura"!
Avendo a disposizione la mattinata sono voluto andare a fare un giro di esplorazione sul "Corto" della Marathon dove avrei intenzione in futuro di accompagnare chi volesse farsi un giro in bici da quelle parti.
Alle 8 e 30 sono a Rogoredo (Casatenovo), esattamente dove anche quest'anno, per la 19ma volta, è partita il 6 settembre scorso la decana delle granfondo italiane.
Per l'occasione ho portato la mia fedele 29er della Tomac. Tutto pronto, il GPS è acceso e la traccia da seguire è caricata.




Eccomi alla partenza

Il percorso è di circa 45 km e il dislivello supera di poco i 1000 metri, il tutto in un misto di sentieri, asfalto e strade bianche che si intersecano intorno ed all'interno del parco di Montevecchia e del Curone.
Vado via abbastanza tranquillo, ogni tanto mi fermo per individuare il punto giusto in cui passare, registro qualche waypoint sul mio Edge e proseguo. Riconosco alcuni tratti già percorsi gli anni passati soprattutto insieme ai ragazzi della Pavan. Ogni tanto mentre pedalo penso a quando questi percorsi li ho fatti in gara, non il percorso Avventura ma la Marathon vera, da 65 km e circa 2.000 m di dislivello, o addirittura la versione da 80 km del Campionato Italiano Marathon. Allora mi sento ritornare la sensazione adrenalinica della competizione e comincio a tirare.... ma quando mi riprendo, il ritmo torna tranquillo.
Va via tutto liscio, a parte la "fangazza" che impesta il terreno argilloso di questo comprensorio.
Finito un veloce tratto fuori strada in discesa dalle parti di Perego sento il sibilo sinistro del copertone che si sta sgonfiando e contemporaneamente il mio sguardo cade su un maledetto triangolino di vetro verde. Cerco di individuare il foro, vedo il lattice che fuoriesce, è lì, e ci metto sopra il dito. Cerco di far girare la ruota in modo che il lattice si rapprenda in prossimità del buco e a un tratto il sibilo è quasi impercettibile, forse ce l'ho fatta! Ok ora devo gonfiare la gomma e estraggo la mia pompetta della Crank Bros, che non è il massimo, però qualcosa fa. La stacco e la gomma si risgonfia, il movimento del gonfiaggio ha fatto smollare la valvola... insomma dopo un po' riesco a ripartire, anche se non è che la gomma mi convinca molto.
Procedo tra strade e stradine, fango e pozze d'acqua, rientro verso Montevecchia e salgo attraverso la temibile salita delle vigne fino alla località Pianello. Sono legato a questo posto perché mi ricorda le mie prime escursioni, da solo, con la mia prima MTB, la Stumpjumper testbike gialla. Quando arrivavo a Pianello mi sembrava di avere raggiunto il paradiso dopo tanta fatica e mi fermavo a osservare lo splendido panorama di colline e vigneti che degradano fino alla pianura.




Panorama dal belvedere di Pianello


E' ora di tornare in sella. Scendo verso la Galbusera bianca, passando vicino a dei bellissimi agriturismo, forse ormai più dei ristoranti, collocati e sistemati in modo tale da non avere nulla da invidiare alla Toscana più vera. Ormai mi sto avvicinando a quello che è il tratto forse meno pittoresco del percorso, esco dal territorio del Parco e in un dedalo di strade campestri, che a tratti ricordano più dei ruscelli, mi avvicino alla meta. Le campane che annunciano il mezzogiorno sono già suonate da almeno mezzora e come sempre gli ultimi chilometri della Marathon sembrano non finire mai. A un certo punto penso che sia il caso di tagliare un po' per arrivare prima all'auto. "Ah, sì qua si gira a sinistra... ma no vado avanti su asfalto" penso. "No! Devo farla tutta!"  Torno indietro e prendo deciso la discesa, con molti sassi smossi, che mi dovrebbe portare di nuovo verso i prati... forse sono un po' troppo deciso e probabilmente penso di essere alla guida di una bi-ammortizzata.
Faccio poco più di 10 metri e.... la mia ruota anteriore, probabilmente un po' sgonfia, impatta su un sasso, mi impunto e la sella alta da dietro mi sbalza via. La povera Flint vola davanti a me di qualche metro e io mi trovo per terra con una bella botta alla schiena e (meno male che esiste!!!) al casco.
Non ci voleva proprio, adesso che sono quasi arrivato. Certo che ho fatto decine di chilometri a Pila su percorsi ben più accidentati e non sono caduto una volta... devo proprio farlo qui? Sono i misteri del mountain biking.
Raccolgo i pezzi, mi rimetto insieme e riparto per Rogoredo dove arrivo dopo una mezzoretta, un po' acciaccato.
Bene, anche oggi ne ho avuto la conferma; ogni giornata, ogni uscita e ogni percorso possono dare emozioni diverse e nessuna escursione è da sottovalutare... soprattutto se la chiamano "Percorso Avventura"!

venerdì 24 settembre 2010

Stati d'animo...


Il vero biker, quando sa che entro pochi minuti sarà di nuovo in sella alla sua amata mountain bike è felice e sorride... anche nel momento del bisogno! Eccomi sorridente a Livigno l'estate scorsa, durante una
pausa di riflessione seduto sul water, prima di tornare sulle piste del Mottolino.

lunedì 20 settembre 2010

Ma il biker è un sensitivo?

Lo sapevo già stamattina...
Avevamo in programma di visitare la manifestazione "L'isola che c'è" a Villa Guardia alle porte di Como, una fiera ormai conosciuta in tutto il Nord Italia, dove vengono presentate iniziative e prodotti con un unico comune denominatore, l'ambiente, la eco-compatibilità e la sostenibilità ambientale.
Quindi stand, bancarelle, spettacoli e quant'altro. Devo dire che frequentare questi ambienti risulta piacevole, anche perché sono ancora popolati da personaggi che mi riportano alla mia gioventù pseudo-fricchettona e che in realtà pensavo si fossero naturalmente estinti. E invece no, saffi, patchouli, gonne lunghe, capelli lunghi e colorati, gilet indiani... se socchiudo gli occhi sento ancora la chitarra a 12 corde di Uezzo che suona "The needle and the damage done" di Neil Young. Insomma torno indietro di oltre trent'anni...
Ma torniamo alla prima mia affermazione, "Lo sapevo già stamattina...".
Sapevo cosa? Ho pensato: "Siamo a Villa Guardia, vicino a Como. Conoscendo i personaggi, secondo me oggi in mezzo alla ressa potrei incontrare Massimo e Roberta." I due li ho conosciuti quando, intorno ai vent'anni di età, frequentavo un gruppo di birdwatcher e ornitologi, con i quali trascorrevo piacevoli week end in una stazione ornitologica dell'Università di Milano, sul lago di Como. Notare bene che Massimo lo avevo incontrato casualmente 8 anni fa, mentre sua moglie Roberta non la vedevo esattamente da 19 anni... Sono in coda per lo zucchero filato in una bolgia incredibile, alzo lo sguardo e tra la gente, eccola lì, la Robi che sta piazzando un batuffolo di zucchero in mano al suo bambino. E' proprio lei, non la vedo da vent'anni ma la riconosco. Allora c'è anche Massimo... Mi giro e dietro di me lo intravedo con il suo sorriso stampato in faccia.


Massimo in una sua tipica espressione di stupore

 Otto anni che non lo vedo ma è sempre uguale. E così come se non ci vedessimo da una settimana, incominciamo a chiacchierare allegramente e posso presentare loro mia moglie, Roberta pure lei, e la piccola Caterina.
Loro nel frattempo da due sono diventati quattro, proprio una bella famigliola. Parliamo a lungo ricordandoci episodi e amici del passato.
Poi Massimo mi chiede: "Ma sei dimagrito, fai dello sport?" Io, simulando con le mani il movimento della pedalata rispondo: " Sì, vado parecchio in bici..."
Gli occhi di Massimo si illuminano di quella luce che solamente pochi possono capire: "Anch'io... Mountain Bike! Stamattina sono partito alle 6 e mezza con la pila frontale accesa e sono salito oltre Brunate".
Solo allora ho capito perché avevo previsto questo incontro... anche lui è diventato un biker, me lo sentivo!

venerdì 17 settembre 2010

Ritorno al "Garibaldi"

Di fronte Raffaele "Il Piacentino". Con l'immancabile sigaretta, Antonio detto "Il Tailandese"


Era un po' che volevo rivedere i ragazzi del "Garibaldi" a Barlassina. Con loro ho fatto dei bei giri in bici e mi sono sempre divertito... Omar, Antonio "Il Tailandese", Raffaele "Il Piacentino", ovviamente anch'essi animati da  quella dannata passione per la Mountain Bike che quando ti entra dentro difficilmente ti abbandona.
E così, verso le dieci questa sera, ho pensato: "Oggi è giovedì, chissà se c'è qualcuno al Garibaldi?". Pronti? Via!!... in un attimo sono sulla Valassina a 140 kmh con gli AC/DC a manetta...
Erano lì, al solito tavolo all'aperto, con altri "afìcionados" dei quali non conosco il nome, gente che ispira subito confidenza e simpatia. Saranno stati almeno due mesi che non ci incontravamo ma era come se non ci vedessimo da ieri.
Inevitabilmente, come tutte le nostre serate, i ricordi di uscite, discese, cadute, programmi futuri si sono intrecciati, fra foto, video, birra e risate e... in un attimo l'orologio segnava quasi l'una.
Ciao ragazzi, è sempre un piacere chiacchierare con voi... alla prossima!!  

lunedì 13 settembre 2010

Una domenica da ricordare...

Ricorderò per molto tempo la domenica appena trascorsa. Nella mia testa pensavo a qualcosa di più tranquillo, in tutti i sensi,  ma, quando c'è di mezzo il Ruspa, l'escursione ha sempre qualcosa di speciale.
E così quando abbiamo fissato l'ora di partenza (a Desio alle 5.45), ho pensato: "Va beh, di certo ne varrà la pena".
E via, direzione Alta Engadina, Silvaplana. Finiamo di raccogliere gli altri partecipanti fra Seregno e Carate e in un variopinto gruppo di 12 bikers, si parte.
Prima tappa obbligata la colazione a Chiavenna, dove in 5 minuti sbraniamo una trentina di brioche.
Si prosegue per il passo del Maloja che ci introduce alla splendida piana che ospita Silvaplana e St. Moritz, con gli splendidi laghi. Io che non avevo ben chiara la situazione, parto da casa in bermuda e sandali. Me ne accorgerò quando, arrivati al parcheggio, il termometro segnerà 3 °C...
Ci prepariamo e il capogita, Giancarlo (Ul Ruspa), ci indica la direzione.
"Ci siamo tutti?", "Ma non eravamo mica in dodici?" Abbiamo lasciato al parcheggio il Gajna, che dopo qualche minuto ci raggiunge imprecando.
Lungo le splendide ciclabili risaliamo verso St. Moritz. Mentre la attraversiamo orde di giapponesi escono dappertutto, da dietro gli alberi, dai tombini, fotografano e si fotografano. A un certo punto il nostro corteo di bici incrocia un gruppo di giapponesi più numeroso degli altri. Procediamo con passo deciso, la collisione sembra ormai inevitabile ma il Ruspa che guida la fila alza un braccio e, come Mosè con il mar Rosso, i giapponesi si scostano con urletti e risa di ammirazione, mentre il Giancarlo li saluta agitando la mano e gridando "Shimano, Shimano!"
La nostra destinazione è il passo Suvretta, 2.600 m s.l.m. Ci arriveremo percorrendo la Val Bever, in un paesaggio alpino di rara bellezza. All'inizio la strada è larga, scorrevole, poi si inizia a salire in maniera più decisa, ma accettabile.


Prima sosta ristoratrice e poi ecco il tratto più critico, sia per la pendenza che per il terreno molto tecnico. Ognuno sale con il suo ritmo e secondo le proprie possibilità, ma nessuno di noi potrà evitare in almeno un'occasione di poggiare il piede a terra e... spingere.
Il paesaggio ripaga però totalmente della fatica; la valle è lunga e sembra non finire mai, ma , finalmente, dopo circa 4 ore dalla partenza, siamo al Passo Suvretta.



Qui possiamo riposare veramente, mangiando e pregustando la successiva discesa che ci riporterà a Silvaplana. Il sole ci scalda e dopo avere mangiato un paio di panini, una splendida culla foderata di muschio mi permette un sonnellino rigenerante.



Intanto il traffico di mtb e escursionisti a piedi è molto elevato. Noto con piacere anche un buon numero di donne-bikers, situazione poco riscontrabile da noi in Italia.
Dopo un'ora abbondante iniziamo "la vestizione"; caschi e protezioni, sulle gambe e sulle braccia. A dir la verità questi ultimi accessori sono indossati da una frangia "estrema" di personaggi dediti all'adrenalina della discesa, quali Walter, Max, il Gajna, SerJoe e il sottoscritto Paul Tomac.
Gli altri della spedizione sono un po' più tranquilli, dato anche il tipo di bici meno discesistica e infatti tendono in discesa a cederci elegantemente il passo.
"Pronti?" Walter non fà in tempo a finire la frase che il gruppo dei "discesisti" si avventa letteralmente sul sentiero tra urla di soddisfazione e divertimento. La discesa è stupenda, ripida, con bei sassi da aggirare e altrettanti da saltare; curve, controcurve e tornantini stretti, una vera manna! Se ne accorgeranno i due bikers, attrezzati di tutto punto, che ci avevano preceduto nella discesa. Una volta raggiunti, i due, che dalle bici in dotazione avrei pensato un po' più sgamati nella guida, vengono praticamente aggirati e quasi travolti da un gruppo di sciamannati che, ormai senza logica ma guidati solamente dall'adrenalina, tagliano curve a destra e sinistra superandosi appena possibile. In circa 5 minuti  bruciamo circa 200 metri di dislivello, in una discesa che difficilmente potrò dimenticare.
Da qui, aspettati gli altri, ripartiamo sempre su un bel sentiero ma meno ripido. Un paio di forature e qualche "misurazione" del terreno, rendono la discesa un po' più lenta e discontinua, ma è sempre il divertimento a farla da padrone. Ormai scesi di quota ci troviamo ad un bivio. Da una parte la strada che in pochi minuti ci porterebbe direttamente a fondovalle. A destra il sentiero che, attraversando a mezza costa la montagna, ci condurrà, almeno crediamo dato che nessuno di noi lo conosce, sopra Silvaplana, per raggiungerla poi su percorso off-road.





Ovviamente scegliamo la seconda soluzione e, con qualche mugugno, ci troviamo ancora a spingere le bikes su pendii non certo dolci. Finalmente inizia la discesa che fin dai primi metri si preannuncia interessante. Il sentiero è costellato di sassi e gradoni spesso alti una quarantina di centimetri. Una manna per la mia Snyper che se li mangia coadiuvata dagli ottimi ammortizzatori Fox. La stanchezza inizia a farsi sentire ed in un paio di occasioni, mi trovo senza accorgermi, per terra con le gambe all'aria. Ci sta tutta, visto che sono le quattro del pomeriggio e sono in piedi dalle 4 e mezza della mattina.
Siamo praticamente a pochi metri dall'abitato e ancora cerchiamo il benchè minimo passaggio per evitare il più possibile il nero bitume. Ora siamo a livello del lago, iniziamo a pedalare per raggiungere la ciclabile che ci porterà nuovamente alle nostre auto. Siamo stanchi ma soddisfatti e ci prepariamo per il ritorno.
E per finire, ecco i numeri di questa giornata: partenza ore 5.30, rientro a casa 20.10. Km in auto: 310. Km in bici: 40. Dislivello in salita: 1.000 m.

Divertimento: Infinito!!

sabato 11 settembre 2010

Partenza mattiniera...

Meglio che dorma... domani mattina appuntamento a casa del Ruspa alle 5.45.





Si va in Engadina, la mia Snyper è già in macchina, pronta per la giornata...

Aria di casa...

Rientrato da Stresa e avendo davanti per tre giorni il meraviglioso spettacolo del Golfo Borromeo, devo ammettere che i miei primi 30 anni di vita li ho proprio passati in un bel posto...



Qui sopra, il panorama dalla mia camera al Regina Palace.
Il lago con in primo piano l'Isola Madre, alle sue spalle Verbania con il Monte Rosso. Sullo sfondo la punta del Pizzo Marona e la vetta del Monte Zeda, cresta di confine del Parco Nazionale della Valgrande.
Peccato che allora non avevo ancora scoperto la MTB...

venerdì 10 settembre 2010

Materiale 3° ciclo 2010

                                                                                       Stresa, 10 settembre 2010


Finalmente consegnato in riunione il materiale scientifico che accompagnerà la mia attività lavorativa nell'ultimo quadrimestre del 2010.

Ecco le immagini in esclusiva:





Data l'alta qualità delle pubblicazioni, i risultati non potranno che essere ottimi!

mercoledì 8 settembre 2010

Cavallo di razza!





Onore alla mia Scratch 9, splendido cavallo non d'acciaio ma di alluminio, che mi ha accompagnato nelle splendide giornate di Pila... a proposito sono finalmente online anche i video della "Trilogia", vai a vederli sul mio sito.


P.S.
Da domani sarò rinchiuso in riunione per tre giorni in un albergo a Stresa, sarà dura! La mia mente, al bisogno, volerà a cavallo della Scratch sulle montagne della Val D'Aosta... 

domenica 5 settembre 2010

Largo ai giovani!

La settimana appena conclusa l'ho dedicata al riposo (dalla bici) e al riordinare un po' il materiale sul mio soggiorno in Val d'Aosta. Ho scritto un report sulla mia vacanza e ho iniziato a sistemare i video e le foto.
Sabato e domenica non mi sono però astenuto completamente dalla bici, per lo meno da quella non pedalata.

Ecco l'aspirante biker Caterina, mentre cerca di fare i suoi primi passi senza rotelle...





Naturalmente con protezioni e casco ben allacciato!!





A quando la prima MTB??

giovedì 2 settembre 2010

Il riposo del biker.





Il vero biker non dorme mai... Egli riposa. Il vero biker infatti indossa sempre abiti e protezioni idonee ed è pronto  a saltare in sella alla minima opportunità per scatenarsi nei percorsi a lui più congeniali.

mercoledì 1 settembre 2010

"Che Spettacolo"? Forse è riduttivo...






Sono tornato da poche ore alla base, stanco, un po' "confuso e felice"...
Le tre stupende giornate appena trascorse sono sintetizzate dai tagliandi qui sopra. Dalle 8 e 30 fino alla chiusura degli impianti di risalita (ore 17.30) a parte piccole soste fisiologiche non ho praticamente mai smesso di gustarmi gli entusiasmanti tracciati del Bike Stadium di Pila. Ho un sacco di foto, riprese video e commenti da fare, devo solamente trovare il tempo per riordinare un po' tutto. Ogni giorno a Pila ho incontrato gente simpatica, disponibile e in gamba con cui girare e divertirmi, è stato veramente piacevole.
Dunque, state sintonizzati!!

P.S.
Piccolo particolare, un po' fastidioso... sembra che domani dovrei tornare al lavoro, una vera seccatura!

venerdì 27 agosto 2010

Prove tecniche prima della partenza.





Ultime prove per posizionare bene la telecamera prima della partenza di domani (ormai oggi, è l'una e 30 di notte).
A volte mi chiedo: " Ma sarò normale??"

giovedì 26 agosto 2010

Pila... sto arrivando!!






Dopo mille elucubrazioni, riflessioni, cambiamenti (Dolomiti? Bormio? Livigno?) ecc. ecc. ho finalmente e DEFINITIVAMENTE pianificato la mia vacanza a "misura di biker". Da venerdì pomeriggio prossimo a martedì mattina sarò in quel paradiso che è il comprensorio di Pila.
"Bike Park", "Bike Stadium"... già da queste parole si dovrebbe capire di che si tratta...
Vi saprò dire.

lunedì 23 agosto 2010

Pellegrino a pedali...

"Santifica le festività", o qualcosa del genere, se non mi ricordo male dal catechismo...
E io, oggi, domenica, ho deciso di andare in pellegrinaggio al santuario di N.S. di Montallegro, sopra Rapallo, per assolvere a questo dovere.
Non a piedi o in ginocchio ma "comodamente" seduto sulla mia Flint, pedalando. 
Partenza rilassata alle ore 10 da casa, e una volta a Rapallo si sale, su bitume, per una decina di km. La temperatura è abbastanza elevata e la sudorazione pure. Il "fioretto" di oggi prevede di rimanere solo su asfalto, sia in salita che in discesa, tralasciando ogni tentazione "off road".
Tre chilometri prima di arrivare al Santuario giro a destra lasciando la provinciale che prosegue fino al passo della Crocetta. Dopo circa un quarto d'ora sono a destinazione.




Salgo sul sagrato e da qui il panorama è stupendo: in basso il golfo del Tigullio, tutto intorno montagne verdissime.
Giro intorno alla chiesa, riempio la borraccia ad una fontana e intravedo sul retro alcuni cartelli che indicano chiaramente altrettanti sentieri. La tentazione è grande ma oggi, come proposito,  devo resistere al richiamo dell' esplorazione e del divertimento fuori strada... mi avvicino, torno indietro, mi riavvicino, mi fermo, mi guardo intorno: d'un tratto sento come una mano che mi spinge da dietro e, track! mi trovo inspiegabilmente a pedalare su una mulattiera che presto si trasforma in sentiero. Tutti i miei buoni propositi sono andati in fumo. Va be', c'è di peggio. E allora proseguiamo. 
Il percorso si snoda a mezza costa, con sali e scendi mediamente sconnessi. Ogni volta che passo indenne una serie di gradoni in salita mi rendo conto di quanto sia determinante il maggior diametro della ruota da 29 pollici della mia Tomac. Con una front da 26 sarebbe tutto più complicato.
Come spesso mi succede quando percorro per la prima volta un sentiero, continuo mentalmente a ripetermi: "Ok, adesso mi fermo e ritorno indietro". Ma proseguo. Poi ripeto: " Arrivo a quella curva e mi fermo". Niente... arrivo lì e poi continuo. E' l'affascinante richiamo del trail, che vuole essere esplorato...
Insomma, alla fine, dopo circa 30 minuti sbuco al passo della Crocetta.
Da qui potrei scendere a valle direttamente su asfalto, ma l'atmosfera pacata e profumata del bosco che ho appena attraversato mi invita a tornare sui miei passi e così dopo pochi minuti mi ritrovo a percorrere a ritroso il bel sentiero. In una ventina di minuti sono di nuovo a Montallegro. Una capatina in chiesa mentre è in corso la Messa e poi chiedo informazioni all'operatore della funivia sulla mulattiera che scende davanti a me. "Sì, questa va giù a Rapallo". Ormai i miei propositi sono completamente bruciati. Accendo la mia telecamera, stringo bene il casco e mi tuffo verso il mare.