Questo blog, perché?

Queste pagine le intendo come la parte "meno impegnata" rispetto al mio sito internet, http://www.monzamtb.altervista.org/
Impressioni, idee e immagini così come vengono, più che altro una specie di diario che mi serva per raccogliere questo materiale, per poterlo rileggere ogni tanto. Se ci capitate e lo ritenete interessante fatemelo sapere. Grazie!



venerdì 27 agosto 2010

Prove tecniche prima della partenza.





Ultime prove per posizionare bene la telecamera prima della partenza di domani (ormai oggi, è l'una e 30 di notte).
A volte mi chiedo: " Ma sarò normale??"

giovedì 26 agosto 2010

Pila... sto arrivando!!






Dopo mille elucubrazioni, riflessioni, cambiamenti (Dolomiti? Bormio? Livigno?) ecc. ecc. ho finalmente e DEFINITIVAMENTE pianificato la mia vacanza a "misura di biker". Da venerdì pomeriggio prossimo a martedì mattina sarò in quel paradiso che è il comprensorio di Pila.
"Bike Park", "Bike Stadium"... già da queste parole si dovrebbe capire di che si tratta...
Vi saprò dire.

lunedì 23 agosto 2010

Pellegrino a pedali...

"Santifica le festività", o qualcosa del genere, se non mi ricordo male dal catechismo...
E io, oggi, domenica, ho deciso di andare in pellegrinaggio al santuario di N.S. di Montallegro, sopra Rapallo, per assolvere a questo dovere.
Non a piedi o in ginocchio ma "comodamente" seduto sulla mia Flint, pedalando. 
Partenza rilassata alle ore 10 da casa, e una volta a Rapallo si sale, su bitume, per una decina di km. La temperatura è abbastanza elevata e la sudorazione pure. Il "fioretto" di oggi prevede di rimanere solo su asfalto, sia in salita che in discesa, tralasciando ogni tentazione "off road".
Tre chilometri prima di arrivare al Santuario giro a destra lasciando la provinciale che prosegue fino al passo della Crocetta. Dopo circa un quarto d'ora sono a destinazione.




Salgo sul sagrato e da qui il panorama è stupendo: in basso il golfo del Tigullio, tutto intorno montagne verdissime.
Giro intorno alla chiesa, riempio la borraccia ad una fontana e intravedo sul retro alcuni cartelli che indicano chiaramente altrettanti sentieri. La tentazione è grande ma oggi, come proposito,  devo resistere al richiamo dell' esplorazione e del divertimento fuori strada... mi avvicino, torno indietro, mi riavvicino, mi fermo, mi guardo intorno: d'un tratto sento come una mano che mi spinge da dietro e, track! mi trovo inspiegabilmente a pedalare su una mulattiera che presto si trasforma in sentiero. Tutti i miei buoni propositi sono andati in fumo. Va be', c'è di peggio. E allora proseguiamo. 
Il percorso si snoda a mezza costa, con sali e scendi mediamente sconnessi. Ogni volta che passo indenne una serie di gradoni in salita mi rendo conto di quanto sia determinante il maggior diametro della ruota da 29 pollici della mia Tomac. Con una front da 26 sarebbe tutto più complicato.
Come spesso mi succede quando percorro per la prima volta un sentiero, continuo mentalmente a ripetermi: "Ok, adesso mi fermo e ritorno indietro". Ma proseguo. Poi ripeto: " Arrivo a quella curva e mi fermo". Niente... arrivo lì e poi continuo. E' l'affascinante richiamo del trail, che vuole essere esplorato...
Insomma, alla fine, dopo circa 30 minuti sbuco al passo della Crocetta.
Da qui potrei scendere a valle direttamente su asfalto, ma l'atmosfera pacata e profumata del bosco che ho appena attraversato mi invita a tornare sui miei passi e così dopo pochi minuti mi ritrovo a percorrere a ritroso il bel sentiero. In una ventina di minuti sono di nuovo a Montallegro. Una capatina in chiesa mentre è in corso la Messa e poi chiedo informazioni all'operatore della funivia sulla mulattiera che scende davanti a me. "Sì, questa va giù a Rapallo". Ormai i miei propositi sono completamente bruciati. Accendo la mia telecamera, stringo bene il casco e mi tuffo verso il mare.


venerdì 20 agosto 2010

In trasferta col Gajna!

Martedì sera, finalmente, riesco a caricare la batteria del cellulare. Per qualche giorno non ho avuto modo di accenderlo e devo proprio dire che non ne ho sentito la mancanza, anzi! Trovo un solo messaggio del giorno prima, è una chiamata del mio amico Franco, ul Gajna, deus ex machina del sito http://www.grangajna.com/. So che in questi giorni si trova vicino a Chiavari in vacanza e lo richiamo. Mi risponde col suo tono di voce pacato. Mi aveva chiamato per invitarmi a fare "una girata" con alcuni amici liguri, ma ormai il giro, molto bello, lo avevano già fatto... "Forse si replica giovedì, ti faccio sapere mercoledì in serata." Mercoledì verso le 21, puntuale, arriva la chiamata mentre sono fuori a cena: "Ciao sono fuori a mangiare" gli dico. "E io domani ti porto a pedalare! Facciamo un giretto sul percorso di gara del Superenduro di Sestri".
Certo che fare il Superenduro con una front, non è il massimo, ma il Gajna, efficiente come sempre, mi rassicura: "Alla bici ci penso io, ci vediamo a Lavagna alle 14,30 nel parcheggio vicino alla stazione".
Qualche minuto prima dell'appuntamento io sono lì. Dovremmo essere in 4 e infatti pochi minuti dopo arriva Enrico, che non conosco ma suppongo sia dei nostri perché ha in macchina una Scott Ransom. Dopo qualche minuto ecco il Gajna e, per ultimo, la nostra guida di oggi, Sandro. Presentazioni veloci (anche Franco non conosce Enrico) e via verso il parcheggio dell'Ospedale di Sestri, da dove partirà il nostro giro.
Iniziamo a scaricare le bici e il Gajna mi presenta la mia compagna di oggi. E' la bici che normalmente usa sua figlia, una Specialized Stumpjumper XC rossa di qualche anno fa, naturalmente "Gajna tuned". Escursione posteriore 100 mm, forcella una Marzocchi Dropoff III da 150 mm ad aria e olio. Indubbiamente un accoppiamento inusuale, ma rivelatosi funzionalmente molto valido. Le gomme sono due Michelin da XC, misura 2", all'apparenza un po' sottodimensionate.



Partiamo e iniziamo a salire su asfalto con pendenze abbastanza impegnative. La mia Specy si arrampica bene. Salendo ho tempo di chiacchierare un po' con i miei compagni; prima parlo col Gajna di siti internet, blog e altri progetti. Più avanti scambio due parole con Enrico. Scopro che è veterinario e, come è piccolo il mondo, all'Università a metà anni 70 è stato studente di mio padre, di cui ha ancora un ottimo ricordo e, naturalmente, ciò mi fa molto piacere.
In programma c'è la cosiddetta discesa della Selva, già prova della Pro Superenduro di quest'anno. Giunti alla partenza dopo avere percorso anche un tratto sterrato, inizia la preparazione per la discesa che si rivelerà abbastanza tecnica e impegnativa. Protezioni, caschi, occhiali e telecamere da casco per riprendere le nostre prodezze.



Sandro ed Enrico ci danno dentro, Franco non si tira indietro e io li seguo con un po' di titubanza dato che non conosco il percorso ed è la prima volta che utilizzo questa bici. Il percorso è bello tosto, praticamente tutto su roccia, con gradoni, sassi smossi e solchi spesso profondi qualche decina di centimetri. A tre quarti della discesa ci fermiamo per riparare uno squarcio al tubeless posteriore di Sandro. Dopo circa 15 minuti di sosta riprendiamo, terminando con un tratto, la "direttissima", tecnico e con passaggi quasi trialistici. Man mano che scendo prendo sempre più confidenza con il mezzo e con il tipo di terreno. La Marzocchi lavora molto bene e le sottili gomme da XC mi sorprendono per il grip che hanno sulle rocce.
Arrivati in fondo naturalmente non possiamo limitarci a questa discesa. Avanti, si riprende la strada asfaltata per raggiungere l'inizio delle "Mimose", altra prova del Superenduro. Saliamo fino a Costarossa, con l'ultimo tratto a spinta. Sandro ci prepara dicendo che questa discesa sarà un po' più scorrevole ma comunque abbastanza tecnica. Sono ormai le 6 di sera e via, si inizia a scendere verso Sestri. Il percorso è molto bello, veloce soprattutto all'inizio e la bici scorre fluida. Riesco a mantenere un buon ritmo e la Specy salta da una roccia all'altra sopra i solchi con disinvoltura, veramente divertente. A metà ci fermiamo un attimo, tiriamo il fiato e poi giù fino alla fine, concludendo con una serie di tornantini abbastanza stretti. Siamo ormai fra le case di Sestri. Io e il Gajna abbiamo il sorriso stampato in faccia, con le nostre telecamere in testa sembriamo due Teletubbies, e siamo soddisfatti della giornata.
Arrivati alle auto ringraziamo la nostra guida e ci salutiamo.
"Meno male che doveva essere solamente un giretto... ciao Franco, ci si vede dalle nostre parti!" 







mercoledì 18 agosto 2010

Portofino mon amour...


Lo scorso aprile sono stato ospite per una riunione di lavoro all'Hotel "Portofino Kulm" a Ruta di Camogli. Al di là del discorso professionale, la notizia che in due giorni di permanenza mi aveva più sconvolto era stata la possibilità, fino a qualche anno fa completamente negata, di percorrere in bicicletta, a determinate condizioni, alcuni dei sentieri che solcano l'area del Parco Regionale del Monte di Portofino. 
Per l'appunto l'Hotel sorge proprio sul punto più alto del Parco (a circa 450 m s.l.m.). 
Il mio chiodo fisso durante la riunione, invece di pensare a dati vendita e amenità varie, era: la prima volta che sono a Santa Margherita, prendo la bici, mi sparo la salita su asfalto fino al P. Kulm (circa 450 m di dislivello) e mi addentro, finalmente, ad esplorare il parco.
E così oggi, 17 agosto 2010, fu!
Una volta in cima raggiungo il cancello verde che era stampato nella mia mente fin da aprile, con scritto: "Ai sentieri del Parco del Monte di Portofino". Ormai sono le 6 del pomeriggio, la strada, larga e cosparsa di ghiaia, corre completamente all'ombra delle piante; l'ottima segnaletica indica chiaramente le destinazioni, i tempi di percorrenza (a piedi) e se è possibile passare in bici. Inizio a seguire per Portofino Mare. Il giro che ho in mente è proprio quello di scendere fino a Portofino per poi rientrare a Santa Margherita sulla classica strada litoranea. L'atmosfera e il panorama sono magici. Per un po' si sale con pendenze mai severe, poi si inizia a perdere quota verso il mare. Ogni tanto alla mia sinistra ci sono sentieri che si inoltrano nel bosco per raggiungere altre località, ma sono vietati alle bici e sono scoscesi ed esposti. Mi fermo a guardare, scendo qualche metro a perlustrarli, qui mi troverei bene con la mia Tomac Snyper, ma è a casa a circa 200 km di distanza.
La discesa verso Portofino è sempre più ripida man mano che mi avvicino alla meta. Scendo veloce su una strada che da sterrata si trasforma in lastricata. Non incontro anima viva. Di lato vedo il mare a chiazze azzurre e blu scure. Poi il mare non è più di fianco a me, ma comincio a vederlo davanti. Portofino è lì sotto. La strada si stringe, intorno a me case e giardini curatissimi, addirittura costeggio un campo da tennis. La discesa è ripidissima, inizio a percorrere le tipiche stradine dove i locali transitano solamente con gli Apecar. Circa 200 metri a picco sotto di me, quasi verticalmente, vedo la piazzetta di Portofino. E' così piccola che sembra di guardare un plastico!  Scendo sempre più e intravedo la strada litoranea, ormai ci sono.  A Portofino ci sono andato più volte, in barca, a piedi, in autobus, con la bici da corsa, ma mai ci ero arrivato in questa maniera, dall'alto! Ne vale veramente la pena.
Ora sono sulla strada asfaltata per tornare. Sono le 7.10 e a casa mi aspettano con un bel branzino al sale nel forno... Forza Flint! Scalo sui rapporti più duri e con le ruotone in un attimo sono a 30 kmh. Mi metto in scia ad un motorino e via, in 20 minuti sono con le gambe sotto al tavolo, a raccontare la mia avventura.

Sono soddisfazioni...



Quando mi metto in testa una cosa è abbastanza difficile togliermela. Continuavo a  pensare a come completare il mio giro di ieri, rimasto da un certo punto di vista incompiuto. Il modo che mi è sembrato più ovvio è stato... farlo al contrario. Salito a San Lorenzo su asfalto, mi sono infilato nelle stradine fra le case e chieste indicazioni ad un local, ho trovato la via giusta. Mi sono inerpicato prima su vie cementate che passavano fra le piccole case con splendidi giardini cintati, poi qualche uliveto e infine, il sospirato sentiero. Tratti da fare a spinta, qualche tronco in mezzo e, più avanti, un sù e giù continuo. Poi sul finale la discesa, gradoni e rocce smosse che mettono a dura prova la Flint, che se la cava benissimo. Finalmente mi ricongiungo al tratto percorso il giorno precedente, ormai lo conosco alla perfezione. Mi dirigo a Nozarego e poi giù veloce fino a Santa Margherita. In tutto sono stato via neanche un'ora e mezza, ma sono così soddisfatto che mi sembra di essere stato in bici tutta la giornata. Certo che basta poco per farmi contento!  

lunedì 16 agosto 2010

Fuorilegge!



Lo ammetto, non ho saputo resistere alla tentazione. Salito da Santa Margherita fino a Nozarego, circa 200 metri di dislivello più in su, questo tardo pomeriggio ho raggiunto il confine del Parco Regionale del Monte di Portofino. Il cartello dell'Ente Parco lo dice chiaramente, all'interno del territorio del Parco le bici possono percorrere esclusivamente sentieri dove ciò venga espressamente segnalato e solamente durante i giorni feriali.
All'inizio di quel sentiero che si inoltrava nel bosco ancora umido per le recenti pioggie, non c'era nessun simbolo che ricordasse una Mountain Bike... in più, oggi è Ferragosto, il giorno festivo per antonomasia...
Era troppo invitante, la mia anima fuorilegge ha prevalso...
Purtroppo ad un certo punto la traccia è diventata sempre meno definita e, anche perché il tempo a disposizione non era molto, sono tornato sui miei passi senza riuscire a raggiungere San Lorenzo, sul versante opposto della valle. Peccato. Sicuramente però ci ritorno!

domenica 15 agosto 2010

Ho cambiato sponda...

Ho cambiato sponda... o meglio riviera. Da quella di ponente sono passato a quella di levante, ma purtroppo è cambiato anche il tempo. Non mi sembra possibile, ma solo pochi giorni fa scorrazzavo con la mia Tomac nell'entroterra di Albenga; da ieri qui a Santa Margherita scrosci torrenziali di pioggia e temperature quasi autunnali. 

E la mia Flint?  Eccola, parcheggiata sul pianerottolo in attesa che risplenda il sole...

sabato 14 agosto 2010

Psicanalisi di un biker.

Ormai mi conosco, prevedo e anticipo le mie mosse. Tranquilli, non sto mettendo in analisi uno psicopatico o un potenziale serial-killer. Stiamo sempre e solo parlando di un mountain biker...
Dopo un'uscita che mi ha impegnato e soddisfatto (ad esempio quella stupenda di lunedì scorso), l'evoluzione verso la successiva escursione segue solitamente queste fasi:
1) Il giorno stesso dell'uscita, una volta rientrato alla base è una sensazione di stanchezza mista ad euforia a predominare sul resto. Se mi concentro a ricordare, rivivo nella mente le immagini e i momenti più emozionanti della giornata in giro con la mia bici.
2) Il giorno dopo è ormai di prassi il riposo assoluto e l'astinenza da ogni attività pedalatoria. E' il fisico a richiedere il riposo. A livello mentale, le endorfine ancora in circolo dal giorno prima mi impongono ritmi cerebrali un po' rallentati, tipo bradipo... Generalmente, se ho del tempo a disposizione incomincio a guardare e a ordinare il materiale video o fotografico dell'uscita e penso alla pulizia e alla manutenzione della bike.
3) Il secondo giorno dopo l'escursione lo suddividerei in due parti. In genere la mattina è il momento in cui a livello fisico ho il massimo ristagno di cataboliti muscolari, quindi, al risveglio, dolorini di qua e di là e notevole indolenzimento generale. Nel pomeriggio però il fisico comincia a riprendersi, ma, cosa ancora più importante, da alcuni segnali comincio a capire che sto tornando cerebralmente pronto per una nuova avventura a cavallo di una delle mie MTB. Ad esempio, se sfoglio la mia rivista preferita (Mountain Bike Action - N.d.B.), di fronte ad alcune fra le bellissime immagini che la caratterizzano, magari una full da 140 mm di escursione che percorre un trail costellato di rocce e di radici, comincio a sentire distintamente un deciso aumento della frequenza cardiaca, fenomeno spesso accompagnato da secchezza delle fauci. Inoltre, una crescente sensazione di invidia nei confronti  del biker fotografato, proporzionale al tempo di osservazione dell'immagine che lo rappresenta. E' questo il segnale che mi fa capire di dover iniziare a progettare qualcosa di nuovo da fare in bici.
Generalmente a questo punto contatto qualche sfegatato della mountain bike, per sentire se sta progettando qualcosa...
4) Il terzo giorno comincia a diventare una questione fisica. Le mie gambe hanno bisogno di pedalare, e la mia mente vuole ritrovare e rivivere le sensazioni tipiche del mountain biking, un misto di avventura, fatica, divertimento, adrenalina e... grande soddisfazione.
5) Il quarto giorno, morisse Gianni Bella (Cit. D. Abatantuono), devo salire in bici e andare... da solo o in compagnia. Se per qualsiasi motivo non ci riesco, meglio starmi lontano.


martedì 10 agosto 2010

Che spettacolo!

Che spettacolo! Voglio intitolare così questo mio primo post... E' la frase che ripeto più spesso, mentalmente ma anche con la voce, quando mi trovo davanti un nuovo sentiero da percorrere con la mia mountain bike. E oggi questa espressione l'ho pronunciata più volte.
Certo, un'escursione come un'altra: primo passo falso, nessuna è uguale ad un'altra, ognuna può regalarci sensazioni ed emozioni molto differenti!
L'uscita di oggi ha rappresentato ciò che per me è l'essenza della mountain bike e che può essere racchiusa in parole ben definite.
Esplorazione, ovvero la scoperta di luoghi mai visti, salita impegnativa ma appagante, discesa fonte di adrenalina e divertimento,  contatto intimo con la natura e l'ambiente, per oltre tre ore non ho incontrato anima viva. 
Ma dove ho vissuto tutto ciò? In questi giorni mi trovo in Liguria, nell'entroterra di Albenga.
Sono partito con la mia Flint 29er verso la Val Neva, i primi km su asfalto prima di imboccare la sterrata, sconnessa a dovere, che mi avrebbe portato in circa 2 ore da 30 metri s.l.m. a oltre 900. Dalla cima lo spettacolo della piana di Albenga che si allunga fino al mare. Alle mie spalle severi pinnacoli rocciosi che dominano la valle sottostante. 



Durante la discesa, vado un po' a naso (tanto non mi manca...) per cercare di tornare a casa trovando una strada alternativa a quella della salita. E la trovo! Da un certo punto in poi decido di scendere sull'altro versante, lungo la sterrata che raggiunge un vecchio forte, poi la mia Flint mi dimostra finalmente di che pasta è fatta: la carrabile si stringe e si trasforma repentinamente in un trail scassato con bei gradini e sfasciume roccioso. E' un po' che non guido una front, ma le ruotone e la forca Fox fanno un ottimo lavoro, l'adrenalina sale...
Poi, seguendo il consiglio del mio gps cerco una via per raggiungere nuovamente il versante della valle da cui sono salito e da lì fino alla strada asfaltata per quasi 2 km, l'apoteosi in un single track tecnico ed emozionante. E ancora una volta ho gridato: "Che spettacolo!!"... e non sarà l'ultima.